Mike Bongiorno non è particolarmente bello, atletico, coraggioso,
intelligente. Rappresenta, biologicamente parlando, un grado modesto di
adattamento all'ambiente.
Mike Bongiorno non si vergogna di essere
ignorante e non prova il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più
vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le
altrui naturali tendenze all'apatia e alla pigrizia mentale.Pone gran cura nel
non impressionare lo spettatore, non solo mostrandosi all'oscuro dei fatti, ma
altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla.
In compenso Mike
Bongiorno dimostra sincera e
primitiva ammirazione per colui che sa. Di costui pone tuttavia in luce le
qualità di applicazione manuale, la memoria, la metodologia ovvia ed
elementare: si diventa colti leggendo molti libri e ritenendo quello che dicono.
Non lo sfiora minimamente il sospetto di una funzione critica e creativa della
cultura. Di essa ha un criterio meramente quantitativo. In tal senso
(occorrendo, per essere colto, aver letto per molti anni molti libri) è naturale
che l'uomo non predestinato rinunci a ogni tentativo.
Mike Bongiorno professa una stima e una
fiducia illimitata verso l'esperto; un professore è un dotto; rappresenta la
cultura autorizzata. È il tecnico del ramo. Gli si demanda la questione, per
competenza.
L'ammirazione per la cultura tuttavia sopraggiunge quando, in
base alla cultura, si viene a guadagnar denaro. Allora si scopre che la cultura
serve a qualcosa. L'uomo mediocre rifiuta di imparare ma si propone di far
studiare il figlio.
Mike Bongiorno parla un basic italian. Il suo discorso realizza il
massimo di semplicità. Abolisce i congiuntivi, le proposizioni subordinate,
riesce quasi a tendere invisibile la dimensione sintassi. Evita i pronomi,
ripetendo sempre per esteso il soggetto, impiega un numero stragrande di punti
fermi. Non si avventura mai in incisi o parentesi, non usa espressioni
ellittiche, non allude, utilizza solo metafore ormai assorbite dal lessico
comune. Il suo linguaggio è rigorosamente referenziale e farebbe la gioia di un
neo-positivista. Non è necessario fare alcuno sforzo per capirlo. Qualsiasi
spettatore avverte che, all'occasione, egli potrebbe essere più facondo di
lui.
Non accetta l'idea che a una domanda possa esserci più di una risposta.
Guarda con sospetto alle varianti. Nabucco e Nabuccodonosor non sono la stessa
cosa; egli reagisce di fronte ai dati come un cervello elettronico, perché è
fermamente convinto che A è uguale ad A e che tertium non datur. Aristotelico
per difetto, la sua pedagogia è di conseguenza conservatrice, paternalistica,
immobilistica.
Mike Bongiorno è privo di senso
dell'umorismo. Ride perché è contento della realtà, non perché sia capace di
deformare la realtà. Gli sfugge la natura del paradosso; come gli viene
proposto, lo ripete con aria divertita e scuote il capo, sottintendendo che
l'interlocutore sia simpaticamente anormale; rifiuta di sospettare che dietro il
paradosso si nasconda una verità, comunque non lo considera come veicolo
autorizzato di opinione.
Evita la polemica, anche su argomenti leciti. Non
manca di informarsi sulle stranezze dello scibile (una nuova corrente di
pittura, una disciplina astrusa... "Mi dica un po', si fa tanto parlare oggi di
questo futurismo. Ma cos'è di preciso questo futurismo?"). Ricevuta la
spiegazione non tenta di approfondire la questione, ma lascia avvertire anzi il
suo educato dissenso di benpensante. Rispetta comunque l'opinione dell'altro,
non per proposito ideologico, ma per disinteresse.
Di tutte le domande
possibili su di un argomento sceglie quella che verrebbe per prima in mente a
chiunque e che una metà degli spettatori scarterebbe subito perché troppo banale
: "Cosa vuol rappresentare quel quadro?" "Come mai si è scelto un hobby così
diverso dal suo lavoro?" "Com'è che viene in mente di occuparsi di
filosofia?".
Porta i clichés alle
estreme conseguenze. Una ragazza educata dalle suore è virtuosa, una ragazza con
le calze colorate e la coda di cavallo è "bruciata". Chiede alla prima se lei,
che è una ragazza così per bene, desidererebbe diventare come l'altra; fattogli
notare che la contrapposizione è offensiva, consola la seconda ragazza mettendo in risalto la
sua superiorità fisica e umiliando l'educanda. In questo vertiginoso gioco di
gaffes non tenta neppure di usare perifrasi: la perifrasi è già una agudeza, e
le agudezas appartengono a un ciclo vichiano cui Bongiorno è estraneo. Per lui, lo si è detto, ogni cosa ha un
nome e uno solo, l'artificio retorico è una sofisticazione. In fondo la gaffe
nasce sempre da un atto di sincerità non mascherata; quando la sincerità è
voluta non si ha gaffe ma sfida e provocazione; la gaffe (in cui Bongiorno eccelle, a detta dei
critici e del pubblico) nasce proprio quando si è sinceri per sbaglio e per
sconsideratezza. Quanto più è mediocre, l'uomo mediocre è maldestro. Mike Bongiorno lo conforta portando la
gaffe a dignità di figura retorica, nell'ambito di una etichetta omologata
dall'ente trasmittente e dalla nazione in
ascolto.
Mike
Bongiorno gioisce sinceramente
col vincitore perché onora il successo. Cortesemente disinteressato al perdente,
si commuove se questi versa in gravi condizioni e si fa promotore di una gara di
beneficenza, finita la quale si manifesta pago e ne convince il pubblico; indi
trasvola ad altre cure confortafo sull'esistenza del migliore dei mondi
possibili. Egli ignora la dimensione tragica della
vita.
Mike Bongiorno convince dunque il pubblico,
con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca
complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga,
grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di
raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è
mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra
essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate
immoti.
